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Qualche giorno fa sono stato buttato giù dal letto dalla macchina che disegna la segnaletica stradale. Erano le 6:30.
Poco dopo, la strada, liberata dalle auto e con il maquillage appena fatto, si è popolata dell’esercito della troupe di Mission Impossible 7. Per l’intera giornata quest’ultima ha deciso i movimenti delle persone che passavano da queste parti, fermandoli per lunghi minuti e lasciandoli liberi di muoversi al suo comando. Qualcuno non l’ha ovviamente presa bene, perché nel frattempo altrove la vita procedeva a velocità normale, il bambino usciva da scuola, il pranzo attendeva di essere preparato, un appuntamento esigeva la puntualità. Pazienza! Ci si è sacrificati al bene superiore della cinematografia e della lauta ricompensa versata al comune di Roma. Alla sera, il rione, liberato da Tom Cruise & co., è tornato a popolarsi di persone che si dedicano ad aperitivi, apericene, cene e dopocene, il cui ordine cronologico di avvenimento si manifesta in relazione alla modifica semantica che mescola i pezzi. Tutti avevano la mascherina, quasi tutti la portavano sul mento, qualcuno sulla bocca, pochi anche sul naso. Sedevano in un ristorante o stazionavano in piedi con un gelato, una birra, uno spritz o più semplicemente una sigaretta.
Nella piazza che è il cuore del rione, un auto dei carabinieri stazionava con tre ragazzi in divisa che erano indaffarati con dei verbali.
Ho deciso di chiedere loro cosa si potesse fare per risolvere il problema degli assembramenti senza mascherina che in luoghi come questi sono ordinaria amministrazione, sottintendendo che il compito fosse loro, mentre il mio poteva essere solo quello di denunciare che in altre piazze vicine la situazione fosse anche peggiore di quella che vedevano con i loro occhi.
Colui che ha preso la parola mi ha spiegato che non è semplice far rispettare la legge quando le eccezioni sono molte, ovvero che non è facile spiegare a qualcuno che se non mangia, non beve o non fuma debba tenere la mascherina, mentre tutti coloro che impegnano la bocca possano farne a meno.
Al tempo stesso mi ha detto che non appena si avvicinano a qualcuno, quest’ultimo ben prima del contatto alza la mascherina e a quel punto decade la famigerata flagranza di reato e si entra in quel dedalo dialettico, in cui si avanzano delle scuse e in cui le forze dell’ordine dovrebbero sanzionare un comportamento errato che nel frattempo viene anche commesso da tanti altri che però stanno fumando, mangiando o bevendo; il tutto infliggendo una multa di elevata entità che tenuto conto del momento contingente forse fa male ancora di più.
“Ci metta anche che qui noi siamo in tre, mentre nella piazza ci saranno duecento persone e che la tensione potrebbe salire…”
“Siamo in mezza a tanta gente per lavoro sempre con il rischio di prenderci anche noi qualcosa…”
Li ho ringraziati e mi sono allontanato con un profondo senso di comprensione e in parte di compassione per questi ragazzi lasciati in mezzo a una strada nel vero senso delle parole, disarmati e in netta posizione di debolezza.
Ecco perché uno dei punti deboli della legge è la sua applicabilità. Non è sufficiente emanare disposizioni, ci si deve porre anche il problema se si possano far rispettare, altrimenti finiscono per mettere in difficoltà coloro che ne seguono i dettami e soprattutto coloro che devono preoccuparsi di controllare e sanzionare. Nel caso specifico delle ordinanze legate all’uso della mascherina e più in generale alle norme per arginare il covid, in assenza di miglioramenti il mancato rispetto porterà conseguenze per tutti, il che provoca un moto di ribellione e spinge al conflitto sociale. L’altra sera mi guardavo intorno e facevo una gran fatica a non rivolgermi a qualcuno dei presenti in modo aggressivo spiegandogli che fosse fuorilegge e che il suo comportamento illegale avrebbe avuto conseguenze anche su di me. Questo continua a essere il tema centrale di questo lungo e difficile periodo: scelte dei singoli che ricadono sulla comunità in modo evidente e diretto. Un po’ come l’evasione delle tasse, ma lì il meccanismo di causa ed effetto non è immediato e visibile come in una pandemia.