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Qualche giorno fa mi sono imbattuto in un interessante post su Facebook. Paolo Marioni, con cui condivido un caro amico, ha immaginato una fantastica similitudine tra la trama del film Ricomincio da capo e il periodo di lockdown. Il film è un cult e immagino molti di voi lo conoscano. Il titolo originale Groundhog Day nei paesi di lingua inglese è divenuto addirittura sinonimo di una giornata noiosa e ripetitiva. Bill Murray, nei panni di un burbero, cinico ed egoista meteorologo si troverà imprigionato in una piccola cittadina dove rivivrà sempre lo stesso giorno.
In fondo molti di noi hanno vissuto la stessa cosa in questi due mesi di isolamento: giornate sempre uguali in attesa che qualcosa le rendesse diverse e soprattutto che passassero per portarci alla vita di prima.
Paolo nel suo post va oltre e crea un’analogia tra le fasi che vive il protagonista nel film e noi italiani nella realtà.
Ne identifica cinque: incredulità, euforia, depressione, ricostruzione, felicità.
Alcune già vissute, altre che si augura possano accadere affinché anche la trama della realtà sia lieta come quella della finzione.
Siamo stati increduli di fronte a un evento epocale che ci ha impaurito e chiuso in casa.
Abbiamo avuto momenti di euforia con i flash mob in balcone, i tanti video homemade su tik-tok e l’improvvisa possibilità di mettere in atto tutto ciò che anni di Masterchef ci avevano solo fatto immaginare.
Ci siamo poi depressi di fronte all’evidenza dei fatti e alla comprensione che tutto fosse vero e non breve come forse avevamo immaginato.
Da qui in poi la realtà è ancora da scrivere, prima con la ricostruzione e poi con l’eventuale felicità, se tutto sarà andato nella giusta direzione.
La ricostruzione inizia oggi(4 maggio) e non credo sia fatta di grandi passi e imprese. Penso abbia bisogno di piccoli gesti da parte di tutti. Per ripartire serve fare una somma, la più grande possibile in cui ognuno possa mettere un addendo che, a prescindere dal suo valore, accresca la forza della comunità.
Il simbolo più grande di questo cambiamento necessario sono le mascherine, che ci hanno spiegato salvare il prossimo più che noi stessi, eppure, se tutti le porteremo con diligenza, alla fine salveranno comunque ognuno di noi.
Questa è la somma di cui parlo, milioni di mascherine per salvare prima tutti gli altri, perché gli altri non sono più qualcosa che prescinde da noi. In questo periodo abbiamo ascoltato le storie delle persone che hanno messo gli altri al primo posto, come i medici e gli infermieri, li abbiamo ringraziati e stimati, non ci viene chiesto di essere altrettanto eroici, ma solo di non essere egoisti.
Nel film il protagonista a un certo punto decide di cogliere le opportunità che la situazione, per quanto assurda, gli offre, e allora impara a suonare il piano, a scolpire il ghiaccio e più di ogni altra capisce che aiutando il prossimo trova una realizzazione.
Questa è l’ultima fase, in cui il bene degli altri corrisponde al nostro, e l’altruismo finisce per essere una forma contorta di egoismo.

* Come detto, la prima metà di quest’articolo è tratta dal post di Paolo Marioni, le conclusioni della seconda metà sono le mie, ispirate da questa giornata che ci auguriamo tutti possa essere l’inizio di una nuova normalità.