Recensione Film Tempo di Lettura 3′


La pandemia è come se avesse premuto il tasto pausa durante la proiezione di tante storie economiche dei nostri giorni.
Una delle attività che si è fermata è proprio quella che vive di proiezioni e storie da raccontare: l’industria cinematografica, che ha visto chiudersi le sale e interrompersi le riprese. Le grandi major si interrogano sul loro futuro e sperimentano nuove strategie distributive passando per lo streaming.
Eppure proprio in quest’ultimo tentativo rischiano l’apertura di una strada senza ritorno, modificando un’abitudine radicata negli anni e che già era sotto scacco proprio per la grande offerta on demand che è cresciuta negli ultimi anni.
Nel cassetto c’erano già grandi film pronti in attesa di uscita, con budget milionari e l’evidente necessità di essere proiettati sul grande schermo, sia per fruirne a pieno, che per incassare il necessario a non trasformarli in fallimenti memorabili.
I manager di queste grandi società si sono chiesti se fosse il caso di attendere periodi migliori o se farli uscire rischiando che la paura di andare al cinema, i posti contingentati e la crisi economica li consegnassero comunque rapidamente allo step successivo dello streaming, visto che l’home video è ormai morente.
Una delle più grandi major, la Warner Bros, aveva nel cassetto un grande film di un grande regista: Tenet di Cristopher Nolan.
Ci hanno pensato un po’ e poi hanno deciso di trasformarlo nel salvatore di un mercato in bilico tra la vita e la morte, di farne una sorta di messia che potesse riportare le persone al cinema, spiegando loro che la televisione è un’altra cosa e non potrà mai nemmeno assomigliare al grande schermo, che è immersivo e  avvolgente, ma soprattutto isolante dal fuori, dall’eterna connessione che la contemporaneità ci richiede.
Quanti di noi riescono a vedere un film in tv senza mai buttare un occhio sul cellulare?
Quest’ultima riflessione l’ho fatta durante l’anteprima per la stampa alla quale ho partecipato, in seguito alla chiusura all’interno di un sacchetto del mio cellulare per le norme antipirateria. Forse si dovrebbe fare altrettanto anche davanti alla tv e forse in tanti altri momenti, per evitare di spezzarli senza viverli completamente.
Ma torniamo al film che deve salvare il cinema mondiale. Può riuscire nell’impresa? No. Non perché non sia visivamente pazzesco e con una colonna sonora mozzafiato, ma semplicemente perché per farcela dovrebbe essere per tutti, in modo da portare più persone possibili nelle sale, invece è per pochissimi, ovvero solo coloro che sono disponibili a seguire le farneticazioni temporali del regista. Nolan torna infatti a giocare col tempo, come già fatto magistralmente con Inception, ma esaspera alcuni concetti fino a trasformare tutto in un colossale paradosso, in cui cause ed effetti si perdono e costringono lo spettatore a tenere sempre altissima la concentrazione, fino poi a una resa in cui accetta che qualcosa possa non quadrare in nome della settima arte.
Una via di mezzo tra Bond e Matrix che merita abbondantemente di essere visto. Spiega certamente al mondo intero che il cinema ha ancora motivo di esistere, ma fatica a spiegare la sua stessa trama, lasciando che le persone escano contente di essere tornate al cinema ma disorientate dal racconto.
Visto che le norme prevedono l’indossare la mascherina per tutta la durata del film, qualcuno forse attribuirà la confusione al minore apporto di ossigeno al cervello, ma la realtà è ben altra.

PS: Il titolo dell’articolo è preso in prestito da una famosa commedia musicale